La Sicilia, dono divino tra cielo e mare

Caro lettore, abbiamo raccontato dei miti e leggende che troviamo nei vari angoli della Sicilia.

 Ma come ha avuto origine questo triangolo di terra?

Qual è stata la magia che ha fatto sorgere nel cuore del Mediterraneo l’isola bella?

Sono diverse le storie di mito che raccontano le origini della Sicilia. Una su tutte è quella che io prediligo e che voglio condividere con te tra queste righe.

Nella notte dei tempi danzavano per il mondo tre Ninfe meravigliose. Queste leggiadre fanciulle piene di grazia danzavano tra terra e mare raccogliendo un po’ di terra, sabbia dorata, frutti e fiori che il mondo offriva loro.

Danzando giunsero su uno specchio di mare cristallino che sembrava essere una porzione di cielo.

Cielo e mare si fondevano in un unico colore delimitato dalla linea dell’orizzonte.

Le tre Ninfe rimasero affascinate dalla bellezza del luogo e iniziarono a danzare così vorticosamente da lasciar cadere dalle loro vesti tutti gli oggetti che avevano raccolto nei loro viaggi intorno al mondo.

La danza durò tre giorni, e più le ninfe danzavano più i pesci e le divinità marine si fermavano ad ammirarle.

In questa danza armonica scandita dalle onde del mare e dalla luce del Dio Sole, dalla caduta della sabbia, dei frutti e dei fiori raccolti per il mondo si formarono tre promontori. All’interno di questo  triangolo formato  dai tre promontori il mare iniziò a colorarsi come l’arcobaleno.

Da quel prodigio emerse un triangolo di terra che al suo interno conteneva tutti i colori del mondo.

I tre promontori sono oggi le tre punte estreme della Sicilia: nord – est Capo Peloro,  Sud-est Capo Passero, ovest Capo Lilibeo.

Così nacque la Sicilia.

Le tre Ninfe contente del prodigio gettarono su questa terra emersa un po’ della loro divinità soffiandoci sopra: ecco perché la Sicilia è luogo fertile di mito.

Il simbolo che dall’antichità rappresenta la Sicilia è la Trinacria (dal greco “Triskeles”), che raffigura una testa di Medusa con tre gambe, che rappresentano le tre punte in corrispondenza dei promontori della Sicilia. Intorno alla testa delle spighe di  grano per ricordare l’abbondanza di questa isola fertile.

Un poeta toscano come Giosuè Carducci, pur non avendo mai visto l’isola bella, ma avendola conosciuta attraverso il racconto delle leggende e miti, così la descriveva nelle sue opere:

Sai tu l’isola bella, a le cui rive

manda Jonio i fragranti ultimi baci,

nel cui sereno mar Galatea vive

e sui monti Aci?

Amor fremono, amore, e colli e prati

quando la Ennea dai raddolciti inferni

torna col fior dei solchi a i lacrimati

occhi materni.

Amore, amor, sussurrano l’acque, e Alfeo

chiama nei verdi talami Aretusa

ai noti amplessi, ed al concerto acheo

l’itala musa.

Lettore adesso sai che, quando percorri il territorio dell’isola bella, stai calpestando un luogo di mito.
Rispettala ed amala.